Fiabe e novelle calabresi

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Titolo: Fiabe e novelle calabresi
Autore: Letterio Di Francia
Editore: Donzelli

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Descrizione

Edizione integrale in dialetto calabrese con testo italiano a fronte. Traduzione di Bianca Lazzaro. Con un saggio introduttivo di Vito Teti

 

 

Na vota nc’eranu du’ figghi di re, chi n’avìanu, no mamma e no patri. Sti du’ frati si volìanu beni di cori, e non c’era perìculu ca l’unu avissi mbìdia di l’autru, comu succedi spissu tra fratelli. Nu jornu, standu tutti li dui a tàula, si mangiàvanu na ricotta. Comu lu grandi jiva mi la tàgghia, sta ricotta, sbagliau lu corpu e, cu lu cuteddu, si tagghiau lu jìditu. La ricotta arrestau macchiata di sangu. Dissi lu feritu: – Varda, frati meu, chi faci bellu stu sangu russu, supra la ricotta janca! Se jeu trovarrìa na mugghieri accussì janca e russa, mi la pigghiarrìa vulenteri. La ricotta janca

Una volta c’erano due figli di un re, che non avevano né mamma né padre. Questi due fratelli si volevano bene con tutto il cuore, e non c’era pericolo che uno fosse invidioso dell’altro, come succede spesso tra fratelli. Un giorno, erano tutti e due a tavola e stavano mangiando una ricotta. Quand’ecco che il grande fa per tagliarla, sbaglia il colpo e invece della ricotta si taglia un dito. La ricotta rimase macchiata di sangue. E il ferito disse: «Guarda, fratello mio, com’è bello questo sangue rosso sopra la ricotta bianca! Se trovassi una moglie bianca e rossa così, me la prenderei volentieri». La ricotta bianca

«A Palmi di Calabria, Letterio Di Francia ha trascritto una raccolta di fiabe che ha i riscontri più ricchi e precisi che si siano mai fatti in Italia». Così Italo Calvino annunciava, nella Introduzione alle sue Fiabe italiane (1956), la scoperta di uno dei repertori più significativi della nostra tradizione fiabesca, mettendone in rilievo «l’immaginazione carica e colorata», tanto da poterlo comparare a pieno titolo con gli altri grandi contenitori «regionali» di fiabe. Pubblicata per la prima volta nel 1929, l’opera di Di Francia comprende 61 fiabe, raccolte per lo più «dalla viva voce di fanciulle e di donne del popolo, analfabete la maggior parte, e trascritte in dialetto calabrese». Di Francia non esitava ad attribuire a quelle raccontatrici «compiutezza e garbo di esposizione, delicatezza di sentimenti, finezza di osservazioni psicologiche, vivacità ed arguzia». Si tratta di fiabe di estremo interesse, tanto per i rimandi alla secolare tradizione orale e letteraria, quanto per l’originalità dei temi in esse rappresentati. Accanto a trame che sono il corrispettivo calabrese di Cenerentola e di Biancaneve, di Pelle d’asino e di Raperonzolo, o a storie che donano tonalità mediterranee ai motivi orientali mutuati dalle Mille e una notte, vi si ritrovano fiabe assolutamente inedite, sedimentate nel l’immaginario del lembo estremo della nostra penisola, da secoli crocevia di popoli e transito di civiltà. Questa edizione integrale, curata da Bianca Lazzaro, comprende i testi originali in dialetto calabrese e la traduzione italiana a fronte. Per ciascuna fiaba vengono riportate tutte le note e le varianti scritte da Di Francia, con l’aggiunta di un ricco apparato di annotazioni redatte dalla curatrice. Il cantiere di riscoperta dei grandi repertori fiabeschi regionali italiani, avviato da Donzelli con l’edizione in quattro volumi delle Fiabe siciliane di Giuseppe Pitrè, si arricchisce così di una nuova gemma preziosa e sconosciuta, destinata a durare nel tempo.

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